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Recensione: Valle della Meraviglia, Young Vic ✭✭✭✭
Pubblicato su
28 giugno 2014
Di
stephencollins
La Valle di Stupore al The Young Vic Valle di Stupore
The Young Vic
27 giugno 2014
Apparentemente, uno spettacolo su perché e come le persone ricordano le cose, come una persona con sinestesia affronta la loro speciale, stupefacente capacità di ricordare e richiamare e il meraviglioso senso di forma e colore che evocano in quel processo, e come si dimentica consapevolmente cose che si sono ricordate inconsciamente, non sembra una prospettiva invitante.
Ma nelle mani dello straordinario Peter Brook (90 anni l'anno prossimo ma ancora traboccante di genio inventivo) diventa un'opera davvero deliziosa, coinvolgente e gioiosa, piena zeppa di importanti argomenti e riflessioni.
Ora in scena al The Young Vic, La Valle di Stupore, co-scritto e diretto da Brook e Marie-Hélèn Estienne, è 75 minuti di delizia e intrigo.
Un palcoscenico spoglio. Quattro o cinque semplici sedie. Un tavolo. Due musicisti. Alcuni strumenti. Un'esposizione di costumi con camici bianchi. Una parete di fondo riccamente dipinta di rosso. Uno spazio astuto per proiezioni. Tre attori. Un mazzo di carte da gioco.
E da quegli ingredienti semplici e ridotti all'essenziale nasce un'esperienza teatrale riflessiva, occasionalmente esilarante, sconcertante e graziosa.
La nozione della Fenice incornicia il procedimento; la bestia le cui agonie della morte coinvolgono una successione di tristi note musicali di bellezza dolorosa e il cui corpo va in fiamme, le ultime braci fredde rivelando una scintilla da cui emergerà una nuova vita, una nuova Fenice.
Toshi Tsuchitori, un maestro giapponese di musica tradizionale, alla fine del pezzo suona le note singole e struggenti che rappresentano la morte della Fenice. Il senso di perdita, di inevitabilità, è profondo, avvincente. Gli attori lasciano il palco. Lo spazio bianco spoglio conserva il potere di ciò che è accaduto lì. E il pubblico porta, ognuno a modo suo, la scintilla, il ricordo da cui può emergere qualcosa di nuovo.
Lungo il percorso condividiamo la storia dolorosa di Sammy, il reporter con una memoria fenomenale. È un esempio di sinestesia: può ricordare qualsiasi cosa abbia sentito o visto e lo fa in modo molto idiosincratico. Si immerge nel mondo della sua mente e colloca ogni elemento attentamente, dove può ricordarlo e trovarlo ripercorrendo i suoi passi. Se sono numeri, li scrive su una lavagna.
Quando il suo datore di lavoro scopre le sue capacità, la licenzia, la manda a farsi studiare e le suggerisce di unirsi a un circo, diventare un'intrattenitrice, fare soldi. Non è quello che vuole, ma quale scelta ha?
Scene delle esaminazioni cliniche di Sammy, della comprensione poco a poco che lei e i dottori scoprono su qualcosa che fa senza sforzo conscio, della sua vita nel settore dell'intrattenimento, del momento in cui tutto diventa troppo e deve trovare la sua via d'uscita dalla valle di stupore che è la sua stessa mente, piena zeppa di cose ricordate - tutto ciò conduce al momento traumatico in cui è disperata di dimenticare. Ma può? E a quale costo o beneficio, se può?
Nei panni di Sammy, Kathryn Hunter è squisita. Visibilmente normale, maledetta con una memoria perfetta, usata come una scimmia ma infine in grado di prendere controllo della sua situazione, Sammy è un vortice di diverse energie, compulsioni e sentimenti. Hunter le espone tutte, senza sforzo, e lascia un'impressione indelebile di abilità e gioia. È una vera performance virtuosa.
Marcello Magni porta un aspetto enigmatico e intrigante al suo lavoro qui. È gentile e comprensivo come il neuropsicologo che cura/investiga Sammy; ma flamboyant e al controllo della corona durante le scene con i trucchi di carte. E Jarod McNeill è eccellente anche come l'altro dei dottori di Sammy, così come diversi altri personaggi.
La narrazione è chiara, nel senso che si sa sempre cosa sta accadendo, anche se non necessariamente perché. Ma riflettendo, il ricordo della performance le dà una completezza, una vita che sembra mancasse occasionalmente mentre la si guardava effettivamente.
Questo è un vero caso di forma e soggetto fusi e complementari.
Assolutamente consigliato.
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