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RECENSIONE: Future Demons - Concept Album ✭✭✭✭✭

Pubblicato su

26 ottobre 2020

Di

julianeaves

Julian Eaves recensisce Future Demons, un nuovo concept album del compositore-paroliere Ryan Scott Oliver.

Future Demons - concept album

Ryan Scott Oliver

Sito web di Ryan Scott Oliver

Ryan Scott Oliver - compositore, arrangiatore, paroliere, visionario, facilitatore, l'uomo che potrebbe essere 'il futuro di Broadway' - è un artista da cui non si sa mai esattamente cosa aspettarsi.  E nessuno che abbia visto il suo '35MM' al The Other Palace di recente avrebbe potuto prevedere questo: un'esplosione straordinaria, ad alta energia, angolare e modernista di angoscia post-americana che non si limita a brillare ma esplode nelle orecchie dell'ascoltatore, scuotendo il pubblico da ogni compiacimento e energizzandoli come con tre linee del miglior colombiano.  Non è solo una scarica di adrenalina che offre, però: c'è una miscela inebriante di seduzione sensuale nel suo colpo emozionante, che disarma e risucchia.  Fai attenzione!  Si può diventare dipendenti in fretta.

Si avvia a 150mph con la meravigliosa Kerstin Anderson che distrugge 'My Life With R H Macy', con questa rapsodia da commessa nello stile di David Lynch e Brett Easton Ellis, elencando la sua esperienza al servizio del palazzo dell'Impero-Revival del consumismo a New York City, con l'ensemble che interpreta altre parti, incluso un coro maschile straordinario di 'Miss Coopers'!  Uscendo da quell'inizio a sorpresa, ci immergiamo in un'atmosfera folk-country per il numero successivo, 'James Harris': un verso a cappella reso splendido carattere da Heath Saunders, prima di sbocciare in un arabesco incantatorio di banjo, mandolino, chitarra e tamburi sull'avventura e il romanticismo, con le seduzioni terribilmente avvincenti del suo onnipresente dongiovanni, una miscela di Don Giovanni e Barbablù, commentate, seguite e infine eliminate dal suo ensemble femminile di vittime-cum-giustiziere.  Questo è più il tipo di ritratto di personaggio che abbiamo sentito fare a RSO prima; ma dove abbiamo mai sentito un coro di supporto usato con una tale formalità greca?  È forse la voce dello spirito del tempo, con delicate tracce di #MeToo che impregnano le sue passioni primordiali.

Successivamente, ci spostiamo in qualcosa di curioso, chiamato 'The Story We Used To Tell', un racconto confessionale pulsante in cui le melodie arrivano fitte e veloci.  Ha un ritornello costantemente sorprendente per Britney Coleman (immergendo le voci di Joni Mitchell in una vasca di Angela Carter), con Victoria Huston-Elem che si unisce a lei in un oscuro viaggio attraverso un'altra 'casa oscura'.  Qui, la musica cambia agilmente firma del tempo, texture, impulso, mentre la storia trasforma il numero in una sorta di racconto breve auto-conclusivo.  E non c'è da stupirsi.  Tutte queste canzoni sono basate sui racconti e personaggi immaginati dalla narratrice americana di metà XX secolo, Shirley Jackson, autrice di una serie di racconti intrisi di orrore e occulto, tra cui 'The Haunting of Hill House'.  Oggetto di un fascino duraturo, RSO reagisce al suo mondo con un glee proteico, producendo un tipo di musica in continua evoluzione che è mozzafiato eccitante, facendo quasi sentire i suoi ascoltatori parte del processo di invenzione.  Eppure, pur preservando con bravura gran parte dei suoi testi in ciascuno dei suoi testi magistralmente modernizzati, trasformati e elaborati, suona tutto - come sempre - totalmente come lui, e nessun altro.

Poi, Jay Armstrong Johnson (con un piccolo aiuto urbano da RSO stesso - non c'è LETTERALMENTE NULLA che non possa fare!) in 'What A Thought', ci proietta nel territorio sondheimiano: tutti nervi a pezzi, relazioni in spirali discendenti e rime eleganti cucite in un valzer sarcastico, sistematicamente agghindando tutta la rabbia e la disperazione uscite da un narcisista altezzoso e mortalmente ossessionato.  Un commento negativo sulla vita gay contemporanea?  Beh, c'è troppo spirito, coltivazione e ironia autoironica perché quell'accusa tenga, penso, ma Jackson amava provocare: il suo successo di svolta pubblicato sul 'The New Yorker' magazine, 'The Lottery', scatenò una tempesta positiva di proteste dirette alla pubblicazione.  E RSO si sta impegnando per rendere giustizia al suo collaboratore postumo non solo nella lettera ma anche - forse più importante - nello spirito.

No, non ho mai immaginato mio marito in pericolo

Eccetto quella volta fuori da Crate and Barrel

O quando detestava Cate Blanchett in Carol.

Come si sviluppa?  Suppongo che dovrai solo tormentarti su quello mentre ponderi il allettante 'cliff-hanger' con cui si chiude il numero.

Il passaggio da quello a 'Family Treasures': un numero antemico, che si apre in armonia stretta e esplode in un sass chic rock contagioso.  Saturato con lo spirito del funk disco degli anni 70, è un mash-up di ABBA, Quincey Jones, Suzy Quatro e tutte le tue icone preferite dell'era glam, cantato con credibilità affascinante da Caitlin Doak, Alina Fontanilla, Jessie Hooker-Bailey, Kim Onah, Gerianne Perez, Catherine Ricafort e Nicole Zelka, raccontando una storia con un'ambigua morale alla P D James: RSO sembra sfidarci a prendere posizione qui!  Egualmente, il suo senso del ritmo è totalmente originale e assolutamente sorprendente: se questo stesse accadendo a te nel vero teatro, a questo punto staresti già mentalmente pianificando quando potresti tornare per un'altra dose.  Pertanto, quando questa traccia giunge al suo termine, scopri che stai già bramando di più e ti chiedi se sarai mai in grado di tenere nascosta la tua nuova dipendenza.... o dovrai raccontarla a tutti quelli che incontri!

Non dimenticare di sintonizzarti di nuovo: molto presto!

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