RECENSIONE: L'Orologio Americano, The Old Vic ✭✭✭

Paul T Davies recensisce L’orologio americano di Arthur Miller ora in scena all'Old Vic Theatre, Londra

Il cast de L'orologio americano. Foto: Manuel Harlan L'orologio americano

L'Old Vic.

14 Febbraio 2019

3 Stelle

Acquista Biglietti La possibilità di vedere due opere di Arthur Miller meno rappresentate in due giorni evidenzia l'effetto duraturo che la Grande Depressione degli anni '30 ha avuto su di lui e sulla sua carriera di scrittore. Con il personaggio Moe che rappresenta il padre di Miller, c'è molto materiale autobiografico in L'orologio americano. Ma mentre Il Prezzo, attualmente in scena al Wyndhams, è più lineare e tradizionale nella struttura, L'orologio americano, scritto nel 1980, è più episodico e frammentato, coprendo i circa dieci anni della Depressione.

Il cast de L'orologio americano. Foto: Manuel Harlan

Lo spettacolo è presentato come un vaudeville, ed è questo il punto di forza di questa produzione. La regista Rachel Chavkin, dopo il suo successo al National con Hadestown, collega bene le scene con musica ed eccellente coreografia di Ann Yee, la musica dal vivo e il canto piacevoli lungo tutto lo spettacolo. Tuttavia, mettono anche in evidenza perché questo spettacolo è raramente rappresentato, semplicemente non è così buono. Non si incastra mai realmente, alcune scene sono più efficaci di altre, e l'anticapitalismo di Miller è così stridente che in alcuni punti ammonisce il pubblico. Al centro del testo c'è la famiglia Baum, che, con l'acuirsi della depressione, è mostrata mentre deve vendere tutto solo per sopravvivere fino a quando il loro amato pianoforte viene portato via. Chavkin, tuttavia, divide ogni membro della famiglia Baum tra tre attori, e sebbene questo dia un senso di universalità, diluisce il nostro legame con la famiglia, distanziandoci e confondendo un po' le acque. Sicuramente non sono i Lomans.

Golda Rosheuvel e il cast de L'orologio americano. Foto: Manuel Harlan

Fortunatamente questo è un buon cast d'ensemble. Nel ruolo del narratore di Robertson, Clarke Peters porta eleganza e raffinatezza al ruolo, guidandoci bene attraverso gli eventi, sebbene sia appesantito da montagne di esposizione.  Ci sono ottime interpretazioni da parte di Francesca Mills in vari ruoli, Golda Rosheuvel, che ha una voce eccellente, ed Ewan Wardrop come direttore generale della General Electricity che balla il tip tap. Ci sono alcune ottime scene, in particolare le Maratone di Danza, che diventano più brutte man mano che la depressione avanza, e i cartelli che ci indicano in che anno siamo diventano gradualmente più deteriorati e fatti in casa con l'aumento della povertà.

Ewan Wardrop e il cast de L'orologio americano. Foto: Manuel Harlan

Stranamente, la sua natura episodica mi ha ricordato un po' Paura e Miseria del Terzo Reich di Brecht, anche se, naturalmente, lì ci avviciniamo alle cose da una prospettiva completamente opposta.  Ma entrambi gli spettacoli mostrano l'impatto devastante delle decisioni politiche e delle circostanze sui cittadini comuni e come riflessione sulla storia americana, L'orologio americano è una visione interessante. Ma come teatro, inizia a muoversi faticosamente nella seconda metà e striscia verso una conclusione. Se ammiri Miller, vale la pena vedere un'opera meno conosciuta e rappresentata, e c'è molto da godere in questo buon pezzo d'ensemble.

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