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RECENSIONE: I Do! I Do!, Upstairs At The Gatehouse ✭✭✭
Pubblicato su
31 ottobre 2019
Di
rayrackham
Ray Rackham recensisce il musical di Tom Jones e Harvey Schmidt I Do! I Do! che ora è in scena all'Upstairs At The Gatehouse.
I Do! I Do! Upstairs at the Gatehouse
3 Stelle
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“Il matrimonio è una cosa molto buona, anche se tutt’altro che facile” - così cantano i personaggi Agnes e Michael nel raramente ripreso musical di Harvey Schmidt e Tom Jones I DO! I DO!, che ha debuttato ieri sera all'Upstairs at the Gatehouse. Scrivere bene del matrimonio è tutt’altro che facile, e I DO! I DO! non sempre colpisce nel segno. Forse la ragione per cui il pezzo è così raramente ripreso è che l'incantesimo che diede a Mary Martin e Robert Preston un vero successo nel 1961 ora - anche con un libro rivisto e aggiornato - sembra esile, datato e banale. C'è, tuttavia, molto da celebrare nella produzione abilmente diretta e, si presume, coreografata dal produttore Joseph Hodges; in particolare le performance splendidamente sfumate di Gemma Maclean nei panni di Agnes e Ben Morris nei panni di Michael, e l'accompagnamento virtuoso del Direttore Musicale Henry Brennan, che fa suonare un pianoforte solista e qualche percussione sporadica come un'orchestra da camera.
Ci viene detto che il pezzo abbraccia cinquant'anni nella vita di una coppia, che si sposa all'inizio dello spettacolo e, in modo alquanto bizzarro, ancora insieme alla fine. C'è un matrimonio, alcune nascite, una relazione extraconiugale, più di una riconciliazione, problemi di carriera, problemi esistenziali e altri matrimoni. Finora, così COMPANY, ed è qui che sta il problema; a differenza del capolavoro del 1970 di Sondheim/Furth che ha ricevuto una revisione post-millennium, I DO! I DO! sembra molto impostato come un pezzo museale pre-rivoluzione sessuale; esaminando le relazioni senza la necessità di esplorare il fatto che due persone che vivono insieme condurranno naturalmente ad almeno qualche conflitto. Infatti, in momenti vitali in cui le cose potrebbero diventare interessanti, il musical sembra quasi sfuggire a se stesso; come se Schmidt e Jones fossero consapevoli del lato oscuro della felicità coniugale, ma non avessero abbastanza tempo o energia prima dell'intermezzo o del sipario per affrontarlo.
Dove I DO! I DO! brilla è nel lavoro di Hodges e del team nel produrre una produzione scattante e briosa che è sicura, melodiosa e divertente. L'umorismo è l'ingrediente chiave qui, e quando I DO! I DO! affronta le idiosincrasie comiche del matrimonio, vola davvero. La sequenza di apertura del secondo atto, con i due genitori che dibattono i loro diversi approcci nel trattare con un bambino indisciplinato, è un puro piacere; una commedia fisica ben diretta in un trio con un tempismo comico brillante dei protagonisti e un libro sinteticamente divertente.
Un musical per due affonderà o navigherà sul talento del suo cast, e I DO! I DO! non avrebbe potuto sperare in una coppia migliore. Maclean in particolare ha l'occasione di mostrare il triplo talento che chiaramente possiede (un “Flaming Agnes” splendidamente danzato si abbina alla sua arguzia comica e agli straordinari vocalizzi), mentre Morris si esprime al meglio quando ridicolizza delicatamente la pomposità innata dell'uomo privilegiato; permettendo a questo pubblico moderno di non disprezzare del tutto il personaggio tanto quanto forse dovrebbero nell'Atto Primo, e infine ridere con lui nell’Atto Due. Entrambi sono in ottima voce, dominano la scena e suscitano amore ovunque.
Prestazioni finemente sintonizzate, uno stadio sicuro e una direzione musicale ambiziosamente ben eseguita elevano questo spettacolo dolce ma datato, con molto da godere.
Fino al 16 novembre - Upstairs at the Gatehouse
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