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RECENSIONE: Iolanthe tutto al maschile, Teatro di Richmond ✭✭✭✭✭
Pubblicato su
20 maggio 2018
Di
julianeaves
Julian Eaves recensisce la produzione tutta al maschile di Sasha Regan di Iolanthe di Gilbert e Sullivan al Richmond Theatre come parte di un tour nel Regno Unito.
Sasha Regan's all-male Iolanthe - The Fairies. Foto: Harriet Buckingham Iolanthe
Richmond Theatre (Tour nel Regno Unito)
17 Maggio 2018
5 Stelle
Gilbert e Sullivan, come i poveri, saranno sempre con noi. Almeno, lo saranno se l'esercito dei rinnovatori di G&S avrà la sua strada: da cima a fondo di queste isole - e molto, molto oltre - talenti grandi e ancora più grandi sono stati impegnati da anni a spazzare via le ragnatele della Savoy Opera Co., per rilanciare le opere leggere del duo metà-Vittoriano in modi che si adattino ai gusti più moderni.
Attualmente, uno dei principali portatori della torcia di questa vera e propria rinascita dell’opera buffa 'all'inglese' è il proprietario, produttore e regista teatrale Sasha Regan, e il suo team collaudato dal suo inesauribile Union Theatre in SE1. Da questo crogiolo di reinvenzione sono scaturite una serie di produzioni brillantemente ripensate di 'The Pirates of Penzance', 'The Mikado', 'HMS Pinafore', e ora - in tour nei teatri molto più grandi e più venerabili, il gioiello più dolce finora, 'Iolanthe'. Quando ha fatto tappa nel grazioso luogo quasi contemporaneo di Richmond Green, sono stato abbastanza fortunato da fare un salto per dare un’occhiata.
Sasha Regan's all-male Iolanthe. Foto: Harriet Buckingham Ora. C'è stata qualche 'chiacchiera' sull'approccio preferito di Regan: sta andando contro la tendenza di impiegare sempre più donne nei ruoli teatrali, e ha reinventato queste opere interamente per uomini. Che shock! Come un esercizio di High Camp, vedere ragazzi cantare le loro parti di tenore-baritono-basso, e poi anche salire nelle gamme di falsetto di alto-mezzo-e... quasi impossibile da immaginare... soprano di coloratura, è qualcosa da ammirare, questo è certo. Devo dire che ho affrontato per la prima volta questo ensemble ricco di testosterone con un po' di trepidazione quando ho visto 'Pinafore' al Hackney Empire non molto tempo fa. Ma sono stato rapidamente conquistato da... beh, da cosa? Sto ancora cercando di capire cosa fosse, cosa sia, di questo insolito metodo di messa in scena di queste operette che ha un tale fascino, tale incanto e tale... bellezza?
È difficile da definire. Non importa. Mentre ci si confronta con tali imponderabili estetici, sono felice - ero felice questo giovedì - di sedermi racchiuso in un bel teatro Matcham, e di essere trasportato da una produzione di tale grazia ineffabile, tale leggerete, tale semplicità innocente e meravigliosa, tutto ci viene presentato con meticolosa attenzione ai dettagli del testo - e della partitura - che non riuscivo quasi a immaginare che potesse essere fatto in un altro modo, così convincente, così sonoramente 'giusto' sembrava tutto. Quale magia!
Sasha Regan's all-male Iolanthe - The Lords Foto: Harriet Buckingham
Al centro di tutto questo c'è il grande cast. Questa non è opera comica in versione ridotta: una robusta compagnia di 16 riempie quasi completamente il palco vuoto, e, una volta che la straordinaria coreografia di Mark Smith (piena di gesti da Bournonville a Massine a Petit a Hermes Pan e Gene Kelly) parte, è facile vedere perché: l’intero spazio è necessario per far muovere questi ragazzi. E si muovono davvero, in forme e arrangiamenti di tale splendida precisione e facilità amorosamente sconcertante che è del tutto impossibile non esserne immediatamente conquistati. Tutto questo si manifesta nella astutamente presentata 'ouverture', e da quel momento in poi siamo loro prigionieri volontari, felici che facciano di noi ciò che desiderano.
Eppure, forse il segreto risiede anche in un altro settore: dalla prima espressione straordinariamente sobria e dimensionata alla camera di Richard Baker fino al preludio dell’Atto 1, una linea che potrebbe provenire da uno dei compositori più pittoreschi del diciannovesimo secolo di decenti, borghesi divertimenti da tastiera per l’amatoriale talentuoso a casa, siamo attirati - anzi, catturati! - in un mondo di introspezione tenuta col fiato sospeso; ci viene presentata la delicata, preziosa 'verità' che sottostà ai tafferugli che stanno per esplodere intorno a noi. Così, quando i ragazzi irrompono nella sala oscura, agitando piccole torce portatili, e scorrazzando come bambini birichini, travestiti da amici degli inizi del XX secolo nel disegno splendidamente adeguato di Stewart Charlesworth - sempre illuminato alla perfezione incantevole dalle vibranti luci di Tim Deiling, in breve, come le 'fate', quando questo accade, siamo già totalmente dalla loro parte e pronti e disposti ad accettare e assorbire qualsiasi tipo di pazzo pandemonio possano scagliarci contro.
Sasha Regan's All Male Iolanthe. Foto: Harriet Buckingham
A capo dell’attacco del sovrannaturale c'è Richard Russell Edwards come una Regina delle Fate in stile Dr Hilda Brackett - con una voce magnifica. Infatti, tutta la compagnia è vocalmente molto forte. Christopher Finn è un Iolanthe dignitoso e stoico, e potrebbe essere altrettanto a suo agio nell’opera seria, tanto incarna il nucleo tragico del ruolo. Joe Henry, Dominic Harbison e Lee Greenaway interpretano Phyllis, Celia e Leila con uguale raffinatezza, con voci così leggere, chiare, intrecciate con quelle armonie caratteristiche e strepitose che solo le voci più alte in concerto possono raggiungere, ti dimentichi completamente quale genere siano: sono semplicemente meravigliose e straordinarie, e questo è tutto ciò che bisogna sapere. A cavallo tra due mondi, nei panni del semi-immortale Strephon, c'è Richard Carson, il cui curriculum del West End sebbene affascinante suoni in modo palesemente diverso in questo gruppo, segnalandolo come qualcosa di un'altra acqua del tutto. Ciò non gli impedisce di fare del suo e quello di Phyllis al 2° Atto un evento di delizia commovente.
Contro questi apollinei festaioli si schierano i pari del regno terra-terra e guidati, da Alastair Hill come notevolmente giovane, ma abbagliante 'in linea con i punti' Lord Cancelliere (e trasforma il suo racconto dell'incubo del 2° Atto - giustamente - in uno dei punti salienti di questa sublime produzione). Adam Pettit è un Lord Tolloller dalla tonalità squillante, e Michael Burgen - che sembra non conoscere limiti a ciò che può affrontare - è un perfetto Lord Mountararat: le loro scene insieme sono pura beatitudine. Un fascino sessuale strepitoso - e un tempismo comico quasi in stile Chippendale emanano dal basso effetto wow di Duncan Sandilands. E il resto dell'ensemble comprende le forze costantemente brillanti e onnipresenti di Benjamin Mundy, Reece Budin, Jack Hinton, Daniel Miles, Sam Kipling e James Gulliford.
Nel cuore di tutto questo, tuttavia, c'è una produzione che comprende esattamente che capolavoro sia la partitura, e nulla, assolutamente nulla viene fatto se non per esibirla nel suo massimo splendore. La prima metà è terribilmente eccitante, ma è dopo l'intervallo che i veri fuochi d'artificio vengono liberati! E le voci giovanili del cast, soprattutto in un teatro ben scelto come questo, con un'acustica così divina, risuonano chiare come una campana, con l'accompagnamento semplice del pianoforte che permette di sentire ogni nota. E - ancora più importante - ogni sillaba nitida e fresca del libretto di Gilbert, follemente brillante e ben fatto, è in grado di brillare e scintillare nell'aria, come tanti cristalli in una sala da ballo di Westminster. L'effetto totale è incantevole e niente di meno che un trionfo. Vai e innamorati di questa celestiale produzione di una delle opere più belle del palcoscenico musicale britannico.
DETTAGLI DEL TOUR DEL TUTTO AL MASCHILE IOLANTHE
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